Una targa in ricordo dei partigiani caduti in battaglia

Inaugurata il 25 aprile u.s. in Piazza Trieste

Nell'ambito delle celebrazioni per la festa della Liberazione, è stata posta in Piazza Trieste una targa commemorativa dei partigiani dicomanesi caduti in battaglia; l'iniziativa è stata realizzata dall'Amministrazione comunale e ANPI Dicomano.

Di seguito il discorso tenuto nell'occasione dal Presidente dell'Anpi Dicomano Saulo Cappellini:

" I nostri partigiani
Come ANPI Dicomano non possiamo che essere soddisfatti di aver condiviso e realizzato
con l' Amministrazione Comunale, dopo la targa posta a Firenze lo scorso settembre in
memoria di Ciro Fabbroni, questa ulteriore testimonianza in ricordo dei nostri partigiani
caduti in battaglia. Abbiamo in ponte e speriamo di vedere gradualmente realizzate altre
proposte riguardo alla sentieristica partigiana da Celle al Monte Giovi, ad un'adeguata
valorizzazione del sito di Capraia come luogo simbolo della memoria, ad una rivisitazione
storica architettonica di Piazza della repubblica.
A quasi 80 anni dagli eventi resistenziali del 43-44 il rischio di soccombere ad una memoria
sfuocata è sempre incipiente, dimenticandosi - per rimanere al nostro contesto territoriale -
la durezza della lotta partigiana che abbracciò la catena appenninica del Mugello da Ronta
fino al Muraglione, avendo come fulcro il Monte Giovi prima e l'alto Casentino ed il
Pratomagno poi, passando per la nefasta esperienza del Falterona dell'aprile 44. E
dimenticarsi di 10 mesi vissuti alla macchia da oltre un migliaio di giovani e di ex militari o
di renitenti alla leva rischiando la vita in numerose azioni militari, dormendo all'aperto e
mangiando quello che i contadini potevano offrirgli o sequestrando la parte dei beni che gli
stessi avrebbero dovuto conferire al cosiddetto ammasso. Ma il tricolore, depurato
dall'effigie monarchica, uscito vittorioso dalla lotta di resistenza va tenuto alto perchè è
l'antitodo più forte contro i mille revisionismi sempre in agguato e contro una destra che non
perde occasione per sminuirne il significato. Anche in queste ore gli attacchi informatici ai
siti ANPI (e in modo particolare al Memoriale della Resistenza italiana sul sito noi
partigiani.it) sono l'esplicita testimonianza di quanto sia ingombrante ancora per la destra
neofascista la resistenza e quanto l'ANPI, quale baluardo di quei valori, rappresenti non l'
avversario di una stagione ma il nemico di sempre
La nostra comunità ha una certa familiarità con i nomi di questi 7 giovani partigiani
trascritti su questo pannello.
Fabbroni Ciro (anni 34), caduto a Firenze, Via F.lli Bandiera, il 5 marzo del 1944.
Pasquini Foresto (anni 25) e Pinzani Ettore (anni 24) caduti a Corella, località Larciano, il
13 aprile del 1944.
Fabbroni Evandro (anni 18), caduto a Figline, località Sant'Andrea in Campigna, il 20
giugno del 1944.
Cecchini Armando (anni 22), Fabbri Arturo (anni 25), Frittelli Aimo (anni 19) caduti a Santa
Lucia, località Fungaia, il 6 luglio del 1944.
A partire dal dopoguerra li abbiamo potuti leggere nelle targhe all'altezza delle vie a loro
intestate, sui nostri documenti personali e anagrafici. Il nome di Foresto Pasquini, giovane
calciatore del Dicomano, forse è il più noto, perchè ci ha accompagnati negli annunci
durante le partite nelle domeniche di tanti anni . Ma complessivamente sappiamo poco di
loro e oramai resta difficile, se non impossibile, poterne raccontare la loro storia e quella
delle loro famiglie. Sarebbe stato bello poter comporre qualche paginetta e passarla a
professori e professoresse di 2° e 3° media per impostare un qualche lavoro sul valore della
libertà, sull'importanza della Costituzione e della storia.
Sappiamo che la famiglia di Ettore Pinzani era di Vicolagna. Ciro fabbroni del quale
abbiamo qualche notizia in più rispetto agli altri abitò con zii e nonni nel podere La nave e
poi la famiglia si trasferì a Celle. Aimo Frittelli ed Arturo Fabbri abitavano in Dicomano. Il
babbo di Aimo faceva il renaiolo e gli zoccoli del suo cavallo hanno risuonato per
Dicomano fino agli anni sessanta. La famiglia di Armando Cecchini era invece di Contea e
suo fratello Albinio venne ucciso dai tedeschi insieme ad altri civili in prossimità della Sieve
e gli venne poi bruciata la casa e sterminata la famiglia in Capraia. Di Evandro Fabbroni ne
ignoravamo le vicende. Era cugino di Ciro e la sua famiglia si era trasferita a Firenze e
giovanissimo, aveva 18 anni, fatto prigioniero nella Battaglia di Pian d'Albero venne poi
impiccato a Sant'Andrea in Campigna nel Comune di Figline e appeso a testa in giù insieme
agli altri prigionieri giustiziati della Brigata Sinigaglia. Dell' uccisione di Foresto Pasquini
ed Ettore Pinzani vi è traccia nella lettera datata 2 maggio 1944 del parroco di Corella Don
casini al Vescovo di Firenze. Scrive don Casini di essersi recato di notte in località Larciano
a rendere l'estrema unzione ad un capitano del battaglione Ettore Muti in azione di
rastrellamento proveniente da Villore ed annota: ” gli amministro l'estrema unzione e gli
raccomando l'anima, mentre echeggiano una decina di colpi di moschetto e pistola a circa
50 passi ....Erano circa le 22,00. La ronda a cui avevo chiesto notizie mi risponde che sono
caduti due partigiani.corro da quella parte per compiere l'opera del sacerdote...I due
partigiani caduti nelle mani delle sentinelle, armati di moschetto e di bombe a mano, erano
stati passati per le armi “.
Nel testo della targa commemorativa si da cenno sinteticamente al ruolo svolto dal gruppo
dicomanese nella lotta di Resistenza. Un ruolo assolutamente di primordine che non è stato
ancora indagato a sufficienza da saggistica e ricerca storica e che lo vede protagonista degli
eventi militari più importanti che si svolgeranno nel nostro territorio lungo l'arco di 10 mesi
( dall' ottobre 43 al settembre 44) fino alla liberazione di Firenze. A partire dalla
partecipazione al recupero delle armi di quello che rimarrà l'unico aviolancio operato dagli
anglo americani in Monte Giovi nella notte tra il 14 e il 15 febbraio 44, passando per l'
attacco alla caserme dei carabinieri e della Guardia Repubblicana di Vicchio del 6 marzo
44, alla battaglia di Cetica del 29 giugno 44 (allorchè la II compagnia della 22 Brigata della
Lanciotto comandata da Lazio si trovò a sostenere il peso di un attacco tedesco lasciando
sul terreno oltre 10 vite), fino, come ricordato, agli oltre 20 giorni vissuti nella di battaglia
per liberare Firenze.
Il gruppo dicomanese del resto era stato tra i primi a mettersi in moto, militarmente, dopo l'
8 settembre sul versante mugellano del Monte Giovi. Ripetuti erano stati gli attacchi alle
caserme al fine di procurarsi le armi fin dall' autunno 43. Puntando su azioni lampo e
sull'ormai stato di arrendevolezza che i carabinieri stavano maturando , erano stati con
successo e senza spargimenti di sangue portate a termine gli assalti alle caserme di
Dicomano, Rufina ,San Godenzo, San Benedetto, Tredozio. Era un gruppo già collaudato
ed autonomo, non legato a partiti politici, con l'esperienza alle spalle di altre numerose
azioni di sabotaggio compiute nelle circostanze di Dicomano, San Godenzo, il passo del
Muraglione e la Romagna, quando tra la metà di febbraio ed il luglio 44 opererà in Monte
Giovi prima nella Faliero Pucci, poi ( a causa dei rastrellamenti tedeschi e repubblichini)
darà vita dall'inizio di aprile per 50 giorni alla Ciro Fabbroni, ed in ultimo riunirsi insieme
alle altre formazioni partigiane mugellane e del Monte Giovi nella 22 Brigata Lanciotto.
Sicuramente in questo contesto di avvenimenti spicca un doppio protagonismo a
prescindere dal quale non capiremmo il corso degli avvenimenti: quello squisitamente
politico di Ciro Fabbroni da una parte e quello essenzialmente militare di Lazio Cosseri
dall'altra. Al primo, rientrato dalla clandestinità in Francia nel dicembre 42, si deve il lavoro
di tessitura organizzativa svolto alacremente in collegamento con il centro comunista
fiorentino e rappresentanti dell'antifascismo mugellano, al fine di inquadrare la formazione
dicomanese stabilmente all'interno del nascente movimento partigiano: “ Ti devi dare un
nome ed un'organizzazione”, ripeterà più volte Ciro a Lazio. Suo il lavoro di costante
collegamento che terrà tra la clandestinità fiorentina e la formazione partigiana “Stella
Rossa”, poi Faliero Pucci promossa tra persone di fede comunista ed ex condannati del
Tribunale Speciale di stanza sul Monte Giovi tra Acone e il Tamburino. A lui l'incarico del
PCI clandestino, di organizzare insieme ai rappresentanti del Partito d'Azione il recupero
delle armi dell'aviolancio in Monte Giovi nel febbraio 44 per curarne la distribuzione tra le
varie formazioni. Suo il lavoro di preparazione dell'assalto a Vicchio, voluto dal centro
fiorentino, mettendo in contatto la Faliero Pucci con la Checcucci, l'altra formazione di
stanza a Gattaia . Purtroppo, questo attivismo lo porterà di li a pochi giorni a trovare la
morte per mano fascista a Firenze, in Via F.lli Bandiera, a seguito di un colpo di rivoltella
sparatogli a bruciapelo da una macchina in corsa.
A Lazio va viceversa riconosciuto un innato senso di azione militare ed un intrepido
coraggio al limite della temerarietà e della propria incolumità. All'indomani dello scontro di
Cetica sulle pendici del Pratomagno il Comandante Potente, pur valutando la battaglia una
vittoria, lo ebbe a rimproverare “ sei stato troppo temerario e non ti sei con sufficienza
coperto le spalle quando la tua compagnia ha contrattaccato”. A lui spetterà il compito di
sostituire il comandante militare della Faliero Pucci nell'attacco a Vicchio, in quello che fu
il battesimo di fuoco per la formazione partigiana. Non aveva mai sparato “Dantino” ( Dante
Caverni) e non se la sentiva di farlo su altri giovani come lui anche se stavano sull'odioso
fronte opposto. L'azione per conquistare la caserma dei carabinieri, condotto in simultanea
con l'assalto alla casa del fascio della Checcucci, fu una vera e propria azione di guerra a cui
parteciparono otre 100 partigiani, richiederà oltre tre ore dalle nove di sera a mezzanotte e
riuscì pienamente. Ed ancora: alla I e alla II compagnia della 22° Brigata Lanciotto,
comandate da Lazio sarà affidato dal Comando della Divisione Arno il difficile compito di
spostare 200 uomini in meno di due giorni nel luglio 44 dal Pratomagno al Monte Giovi, per
poi scendere successivamente alle porte di Firenze, a Villamagna, infiltrandosi di notte tra
le colonne dei mezzi militari e i blindati tedeschi in transito sulla SS67, passando l'Arno
all'altezza di Compiobbi per predisporsi alla battaglia finale della liberazione di Firenze. A
lui il difficile compito di rivolgere l'appello ai partigiani riuniti davanti a Villa Cora per
commemorare la morte del comandante Potente colpito da un colpo di mortaio in P.zza S.
Spirito e lo farà incitandoli a non soccombere al dolore e proseguire la battaglia. E quale
vice comandante militare della 22°Brigata Lanciotto farà parte della squadra di comando
delle operazioni delle 4 compagnie impegnate nelle operazioni di guerra nel nord ovest di
Firenze.
Per quanto ricordato, parafrasando la bella iniziativa editoriale di Gard Lerner di questi
giorni, anziché dire noi partigiani possiamo senza retorica affermare che questi ragazzi che
caddero e quelli che tornarono alla vita normale sono i nostri partigiani.
Viva il 25 Aprile, viva la repubblica nata dalla Resistenza.
Dicomano 25 Aprile 2021"